Venerdì ad Anzino alle 21 parlerò della Processione di sant'Antonio che si svolge ogni anno ad Anzino, un saggio che pubblicai, nell'ormai lontano 2012, per il secondo volume del progetto Lengua muribunda di Silvano Crepaldi.
Per chi se lo fosse perso eccovi il testo, in estratto. Nel saggio, molto più corposo, faccio infatti un'introduzione sulle feste religiose ossolane, per poi utilizzare alcuni case study, tra cui naturalmente quello di Anzino.
La processione di sant'Antonio ad Anzino
Una delle processioni più interessanti sul panorama ossolano è quella che si svolge ad Anzino, in valle Anzasca, in occasione di sant'Antonio da Padova, il 13 giugno.
Si tratta di una processione molto antica ed ancora oggi molto sentita dalla popolazione, non solo di Anzino (che fa comune autonomo insieme all'abitato di Bannio), ma di tutta l'Ossola e persino della Val Sesia.
La festa religiosa si articola in due giornate diverse: la giornata del 13 giugno, quando si svolge la festa di sant'Antonio da Padova, e la domenica successiva, dove si festeggiano i patroni di Anzino, ovvero Antonio e Bernardo da Mentone.
La devozione di questi due santi rivela già molti aspetti della comunità di Anzino: sant'Antonio da Padova, in Ossola, è sempre stato venerato in comunità dove c'è stato un forte impatto migratorio, sia in entrata (come nel caso di Piedimulera o, ancora meglio, del quartiere Cappuccina di Domodossola), sia in uscita, come in questo caso. Molti abitanti di Anzino, storicamente, si trasferirono a Roma: da qua, secondo lo studioso Sebastiano Ferraris "Adolfo da Pontemaglio", deriverebbe il soprannome, ovvero l'"ingiuria topica" con la quale sono designati, ovvero Romani. Tanto è vero che, scherzosamente, vi era un detto, riportato sempre dallo studioso di folklore ossolano, molto in voga, ovvero "Roma caput mundi, Anzino secundi".
La presenza di san Bernardo da Mentone, invece, è da collegare ai protettorati di questo santo sauroctono in cui culto è abbastanza diffuso in Ossola e nelle zone alpine in generale, ovvero quello di protezione dei montanari e degli alpinisti. A questa figura, festeggiata il 15 giugno, tradizionalmente viene collegato il momento dell'"enarpa", ovvero la salita all'alpe con gli armenti.
La storia del santuario di Anzino è molto interessante: nel 1699 alcuni migranti decisero di commissionare un quadro ad un pittore romano al servizio della casata dei Borghese, che rappresenta, in una cornice di formelle in cui sono raffigurati i vari miracoli di Antonio, la visione che il santo ebbe di Gesù bambino nella propria camera. Il quadro venne così portato ad Anzino e collocato nella cappella di san Giovanni Battista, dove venne costruito un altare barocco. Il santuario divenne così subito meta di pellegrinaggi da tutto il Verbano-Cusio-Ossola e dal Novarese. Secondo la tradizione tramandata ancora oggi il quadro, nel periglioso viaggio da Roma alla valle Anzasca, dovette superare varie traversie: divenne più volte completamente bianca per evitare di essere rubata e far gola ai ladri ed ai briganti. Il quadro arrivò ad Anzino nel mese di gennaio, ed al suo passaggio, come per miracolo, iniziarono a spuntare dalla neve dei meravigliosi gigli bianchi, attributi proprio del santo. L'ultima settimana di gennaio, ancora oggi, ad Anzino si ricorda questo evento miracoloso celebrando la festa della "domenica del giglio".
La festa
La manifestazione si apre ufficialmente il giorno canonico del santo, il 13 giugno, nella tarda mattinata, quando i fedeli di ritrovano davanti alla chiesa per iniziare una preve processione di 13 giri intorno alla chiesa. Durante il percorso devozionale si recitano una serie di preghiere, ad iniziare da quella «Sant'Antonio giglio giocondo / nominato in tutto il mondo / chi lo tiene per suo vocato / da sant'Antonio sarà aiutato», seguita da 10 Ave Maria, da un Gloria, un Padre nostro ed un Eterno riposo che i ripetono circa al termine di ogni giro intorno alla chiesa.
La testimonianza della tradizionalità di questa invocazione è data anche dalla sua trascrizione in dialetto («Sant Antuni, gili gicùnd, / numin° par tüt ul mund! / Chi lu tecn par sö avuc°, / da sant Antuni sarà iütà»), che troviamo in una raccolta di preghiere dialettali del 1977 curata da suor Luisangela Bertogli.
Durante la mezz'ora buona necessaria per completare i 13 giri intorno alla struttura, un santuario dedicato al santo portoghese ed a san Bernardo, sempre più fedeli si aggregano in coda al corteo, arrivando, negli ultimi due-tre giri, a completare il perimetro, con la coda della processione che si riunisce alla testa.
Un aspetto molto interessante della funzione è la spiegazione che gli stessi abitanti di Anzino, soprattuto i più anziani, forniscono. Secondo molti la processione di sant'Antonio intorno alla chiesa era una vera e propria occasione per stringere legami matrimoniali, sottintendendo al santo portoghese una sorta di "virtù" da sensale, non testimoniata in altre occasioni.
La spiegazione dei 13 giri è anche facilmente collegabile alle 13 grazie fatte da sant'Antonio, la cui devozione è molto sentita in tuta la valle Anzasca. Ad esempio vi è una variazione significativo del canto "Le dodici parole della Verità", diffuso in area lombarda, che qui assume ben 14 strofe (e la tredicesima, naturalmente, è dedicata alle grazie dii sant'Antonio).
Le differenze rispetto alla trascrizione "canonica", diffusa anche dal premio Nobel Dario Fo in un celebre spettacolo degli anni '70 (Ci ragiono e canto), sono evidenti. Innanzitutto i "galli di Galilea" (sei nella vulgata più famosa), sono solo 5 in quella ossolana (sostituendo le piaghe del Signore), mentre sei sono le porte di Roma, i 7 sacramenti sono stati sostituiti dalle "sette grazie della Madonna", le undici stelle del sogno sono diventate gli undici addolorati (dolenti). Le due strofe aggiuntive riguardano, come già anticipato, le 13 grazie di sant'Antonio e le 14 opere della misericordia.
A titolo esemplificativo riporto integralmente il canto ossolano come riproposto da suor Bertogli nel 1977: «La lüna e ul sul / ma ul prim ch' l'é gnü al mund / l'é stach ul nöst car Signùr / I sint trei Rè Magi / i quatar Evangelista / i cinq gai chi cant in galaria / i sesc purtui da Ruma / i sèt grazi ad la Madona / i ot cörp sint / i noumila vèrgin / i desc comandamènti / i vündasc dulènt / i dudasc apostul / i trodasc grazi ad sant Antuni / i quatordasc opar d' la misericordia».
Tornando al discorso della festa di Anzino, dopo la processione vi è la possibilità di far benedire oggetti di uso comune: dagli occhiali alle attrezzi lavoro passando, naturalmente, per candele ed immagini sacre, possibilità che si ripete anche al termine della processione.
La funzione liturgica viene officiata (letture, servizio, coordinamento della festa) anche dai membri della Confraternita del Santissimo Sacramento, che si occupano dell'organizzazione in toto dell'evento festivo. La confraternita di Anzino, che attualmente conta dodici membri, si occupa di prestare servizio presso il santuario durante le feste di sant'Antonio, Bernardo, Pasqua, Natale ed a tutti i funerali. Le cariche della confraternita, nonostante non sia mai stata formalmente istituita, sono elettive e nel febbraio 2011 i confratelli sono stati forniti di nuovi abiti, benedetti nel mese di febbraio. In passato si trattava, come si può leggere nello stesso sito internet dedicato alla Confraternita di Anzino, di una "geminazione di una delle confraternite che si riunivano a Roma nella chiesa di san Carlo al corso". Secondo infatti la teoria più accreditata, gli anzinesi, riunendosi a Roma ed in qualità di membri della confraternita romana, decisero di riportare in valle le analoghe usanze e le divise, composte da un vestito nero con delle cappe colorate. Il priore è caratterizzato dal portare un cordone rosso.
Al termine della messa si svolge la processione solenne, che si articola sul percorso della via Crucis esterna alla chiesa. Si tratta di un'opera affrescata nel 1761 dal Peracino, e ristrutturata nel 1902 dal De Giorgi. La composizione del corteo prevede l'apertura con la croce, seguita da un primo gruppo di fedeli, il gruppo di donne in costume, il clero, il parroco con il piviale aperto, il labaro del Comune con le autorità civili, i politici, la statua del santo (portata da volontari che ne fanno ex-voto, e non dai confratelli) ed infine il rimanente gruppo di fedeli.
In prossimità della IV stazione della via Crucis, vi è lo spazio per posare la statua (una tavola di pietra)( e dare la benedizione solenne, per permettere ai pellegrini della Val Sesia di riprendere la strada verso casa. La processione riprende così il suo tragitto verso la chiesa
I membri della confraternita, in questo contesto festivo, si occupano di dirigere la processione e di portare gli strumenti di amplificazione audio.
Una volta rientrata in chiesa la statua di sant'Antonio si assiste al rituale del bacio della reliquia, al cui termine si riprendono le benedizioni degli oggetti personali. Interessante il fatto che molti devoti, al termine della funzione, si recano nei pressi della statua di sant'Antonio per baciarne i piedi, o la nuvola da cui sorge.
Nel pomeriggio, infine, vi è la recita dei vespri, a cui segue una brevissima processione, di un solo giro, intorno alla chiesa. L'ordine di questo corteo è simile a quello della processione del mattino: apre la croce, seguita da un primo gruppo di fedeli, dalle donne in costume, dal clero, dall'ostia sacra portata con il tradizionale parasole, retto dai confratelli del Santissimo Sacramento, e dai portatori del santo.
La festa della domenica ha pressapoco lo stesso svolgimento. Seppure conti la presenza di molti turisti e persone di altre zone, anche della Lombardia, la festa è senza dubbio meno strutturata e meno "tradizionale" rispetto a quella del 13 giugno.
Innanzitutto non si svolgono più i tredici giri intorno alla chiesa, e dopo la messa si prosegue con la processione intorno alla via Crucis. In questo caso sono molte le confraternite che partecipano alla funzione religiosa di domenica, che si conclude, al termine della mess,a con la benedizione solenne, provenienti da diverse parti del Nord Italia. Ad esempio, nell'edizione 2012, erano presenti la Confraternita del Santissimo Sacramento di Somma Lombardo, quella della Misericordia e del Santissimo Sacramento di Parruzzaro, quella di Santa Marta e del Santissimo Sacramento di Castiglione, quella del Santissimo Sacramento di Anzino e quella della Santissima Trinità e santa Croce di Graglia.
La processione in questo caso è stata aperta dal piccolo clero, dalla banda, dalle confraternite, dalle donne in costume, dalla statua del santo con il clero ed a seguire i fedeli.
Le testimonianze letterarie.
La festa di sant'Antonio è talmente importante che viene citata anche nella corografia di Gustavo Strafforello, che descrive nella parrocchia di san Bernardo, eretta nel 1640, un «ricco altare di sant'Antonio da Padova, il cui classico quadro, dipinto a Roma, è oggetto di grande concorso il 13 giugno di ogni anno».
Nell'altro grande corografo ottocentesco, ovvero Goffredo Casalis, troviamo informazioni abbastanza singolari sul comune. La prima cosa che emerge è l'errore alla dedicazione della parrocchia: “La parrocchia, unica chiesa in Anzino, è consacrata a san Lorenzo martire (sic!). In essa è un ricco altare eretto a sant'Antonio da Padova con la prodigiosa immagine del santo, che vi trae ogni anno molti forestieri l'ultima domenica di gennajo: ma più assai nella solennità, che occorre a' 13 di giugno, a cui concorrono due mila e più persone». L'enorme quantità di persone coinvolte rimane anche oggi giorno: molti pellegrini, infatti, partono dalla Valsesia, in particolare da Fobello, alle 5 del mattina, con qualsiasi condizione meteo, per andare, a piedi, fino ad Anzino, come ex voto ed atto di fede. Nell'edizione 2012, ad esempio, il 13 giugno era presente una nutrita comunità del paese del Vercellese, con una trentina di persone che hanno svolto il pellegrinaggio a piedi ed altrettante che hanno raggiunto la valle Anzasca in pullman.
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